Solitamente si parla dell’IoT in termini domestici: un frigorifero intelligente, una centralina domotica con riconoscimento vocale, un cardiofrequenzimetro che si collega allo smartphone e ci avvisa in caso di aritmia. Ma la realtà è che questi sono solo “giocattoli”, utili per vivere in modo più semplice e forse più ecologico. L’Internet of Things diventerà davvero importante, invece, soprattutto nell’automazione sul lavoro. In particolare nel settore primario, agricoltura e allevamento, è ormai chiaro che i tradizionali metodi produttivi basati in gran parte sul lavoro umano non sono più sostenibili, se non per una minima produzione di lusso. Con l’aumento della popolazione e la maggiore richiesta di cibo a basso costo sarà necessario implementare sistemi di gestione di piantagioni e allevamenti automatici e dotati di sensori, che possano quindi sfruttare le teorie agronomiche per rendere la produzione più efficiente, meno dannosa per il territorio, e meno costosa per il consumatore. Dobbiamo quindi immaginare grandi campi di coltivazioni e bestiame non sorvegliati dall’uomo: a gestire ogni aspetto, soprattutto la protezione da eventi meteorologici, saranno sensori e computer. L’uomo non sarà mai completamente esterno alla gestione di queste fattorie futuristiche, ma si troverà a molti chilometri di distanza, dentro una università o comunque qualche ufficio, monitorando da lontano le informazioni che provengono dai sensori e il funzionamento dei meccanismi robotizzati. Questo però apre un problema: buona parte delle coltivazioni e degli allevamenti saranno sempre situati in luoghi lontani dalle grandi città, ed è probabile che non sarà mai economicamente vantaggioso portare in quei luoghi un collegamento internet con una banda sufficiente a garantire il controllo remoto delle apparecchiature 24 ore su 24. In effetti, soprattutto in un paese come l’Italia, la principale sfida per l’Internet of Things è proprio la prima parola: Internet. La connettività rimarrà infatti un problema, perché tirare cavi e tubi tra Alpi e Appennini è molto costoso. L’unica soluzione è procedere con sistemi senza fili, ma devono ovviamente essere a lunga distanza: anche il classico WiMax, che offre una distanza massima di 10Km, non è sufficiente perché implica che bisognerebbe comunque portare la linea via cavo ogni decina di chilometri, e rischia di essere comunque troppo costoso. Il Politecnico di Torino sta però lavorando su una soluzione per la connettività a basso costo, già da molti anni. E di recente è riuscito a ottenere una connessione wireless alla distanza record di 700 km. Il laboratorio iXem del Politecnico ha sviluppato molti sensori nel corso degli anni ma l’ultimo prototipo presentato, chiamato iXemWine, sembra davvero il coronamento del lavoro svolto per abbattere il digital divide. Questi sensori sono stati progettati, come suggerisce il nome, per misurare vari parametri agro-meteorologici nelle vigne e rendere più efficienti i trattamenti fitosanitari, necessari per produrre un buon vino. Per realizzare il test in condizioni reali e con il minore costo possibile, i ricercatori dell’iXem Lab hanno alimentato i loro sensori con due semplici pile stilo alcaline, e realizzato le antenne per la trasmissione del dati con dei semplici palloni aerostatici ancorati al terreno, invece di costruire costosi e ingombranti tralicci. Il sensore con trasmettitore radio è stato posizionato in Sardegna, nelle vigne di Carloforte, e il suo segnale è stato ricevuto ogni 10 minuti addirittura da un ricevitore installato a Tarragona, in Catalogna (Spagna), a una distanza di oltre 700km. Questo grazie a un sistema di trasmissione talmente ottimizzato da richiedere pochissima energia anche per la trasmissione su enormi distanze: dopo sei mesi di trasmissioni continue, la carica delle due pile stilo è diminuita appena del 10%. “Oggi”, ha dichiarato il Direttore di iXem Labs Daniele Trinchero, “sperimentiamo dispositivi compatti, di facile installazione, a bassissime emissioni, con fabbisogno energetico minimo, e quindi replicabili. Questa sarà l’Internet del futuro”.
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